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Intervista a Maurizio Davolio | Turismo Responsabile

Anna Intervista Maurizio Davolio , presidente dell’associazione italiana Turismo Responsabile. Un confronto interessante per conoscere questo tipo di turismo che rispetta il turista, il luogo e le popolazioni che vivono in un posto.

Il Turismo Responsabile valorizza il territorio e la comunità locale. Il 2020 è l’anno del turismo responsabile.

Oggi parliamo di Turismo responsabile insieme a Maurizio Davolio, Presidente dell’Associazione italiana del turismo responsabile. Spesso si parla di turismo leggero, turismo Sociale, turismo green o turismo sostenibile: il turismo responsabile è la somma di tutti questi approcci, perché è un turismo che si basa sul rispetto sia del patrimonio naturale e storico-monumentale della destinazione che del tessuto economico, sociale e culturale delle persone che vivono in quel territorio.

La cosa bella del turismo responsabile è che si basa sulla scelta del singolo ma ha anche bisogno di una rete sia operativa che di sostegno e supporto. Quali sono i benefici del rapporto di sinergia tra il turista e il territorio di destinazione?

Il turismo responsabile mette al centro la comunità e il territorio in cui la comunità vive. Gli interessi, i diritti, le aspettative e i vantaggi devono essere prioritariamente riconosciuti alla comunità ospitante. Mentre nel turismo convenzionale al centro ci sono gli interessi e i diritti del turista, per noi invece c’è una sorta di inversione di priorità: è più importante la soddisfazione e il rispetto dei diritti per la comunità locale. Questo significa che i viaggiatori quando arrivano a destinazione devono assolutamente rispettare l’ambiente e il patrimonio artistico-culturale, ma soprattutto la popolazione locale, accettandone gli stili di vita, tradizioni e le regole perché quando si è in casa d’altri ci si adegua a come vivono e come si comportano coloro che ci ospitano. Se nel turismo convenzionale normalmente è la comunità che si adegua ai turisti che arrivano, da noi si crea un rapporto amichevole e conviviale basato sul reciproco rispetto tra la comunità locale e i suoi ospiti. Questo rapporto è particolarmente vantaggioso anche per i turisti. Alla fine anche i turisti sono avvantaggiati da questa situazione, perchè vengono accolti in modo amichevole dalla comunità, si ritrovano in un ambiente molto più sicuro che in altre circostanze, vivono la vita della comunità locale e assaporano delle esperienze che i turisti convenzionali invece non conoscono: vengono invitati per esempio nelle case, spesso ad eventi privati familiari (è capitato di essere invitati ad un matrimonio) o a cerimonie religiose in cui di regola gli estranei non sono ammessi. Attraverso questo rapporto conviviale, quindi, compiono delle esperienze molto significative che consentono al turista di conoscere più in profondità il territorio e la comunità che sta visitando.

Vogliamo fare un esempio, nell’ambito della vostra associazione, dei progetti che state svolgendo? Sarebbe bello parlare di un caso estero e uno italiano, per vedere come cambia l’azione a seconda del contesto.

Devo premettere che tra le nostre regole c’è quella di beneficiare il più possibile dal punto di vista economico la comunità locale quindi i nostri organizzatori di viaggio (che sono una ventina) si rivolgono per quanto possibile a fornitori locali per qualunque tipo di servizio. Gli alloggi (alberghi, case per ferie, ostelli) sono quindi gestiti dalla comunità locale; lo stesso vale per la ristorazione, per il servizio di guida, per lo shopping e per il trasporto. In questo modo riusciamo ad assicurare alla comunità locale delle entrate molto più significative rispetto al turismo convenzionale. Per quanto riguarda le nostre esperienze, gestiamo progetti di turismo in tanti paesi del mondo, ma questo momento i progetti sono purtroppo tutti i sospesi a causa dell’emergenza sanitaria (non possiamo fare missioni all’estero e le delegazioni dall’estero non possono venire in Italia, per cui l’attività è interrotta). In tutti questi progetti, comunque, noi applichiamo con rigore le nostre regole. In Albania, assieme ad una Ong “vento di terra”, stiamo favorendo una piccola comunità locale che vive dentro un parco nazionale che si chiama Divjakë-Karavasta: un parco naturale vicino al mare con una grande laguna, delle foreste e delle dune… un posto veramente spettacolare e ancora pochissimo utilizzato con finalità turistiche. Con la comunità locale abbiamo condiviso un percorso che porterà ad una crescita del turismo molto legato alla natura, quindi il birdwatching data la quantità spettacolare di varietà di uccelli, il trekking, le biciclette mountain bike, il cavallo la piccola navigazione nei canali della laguna. Ci sarà un turismo fortemente rivolto alla natura, in cui si favoriscono le micro-imprese locali (piccoli ristoranti, guesthouse ecc.). Tutte queste attività vanno a vantaggio del turista ma producono anche dei ricavi per la popolazione! Inoltre abbiamo stabilito rapporti forti tra gli operatori turistici e gli agricoltori. Il Divjakë-Karavasta è un territorio particolarmente fertile soprattutto per quanto riguarda la frutta e la verdura e quindi le aziende agricole diventano elementi interessanti per il turismo da due punti di vista: per essere visitate come fattorie e come fornitori per l’industria turistica locale, in una integrazione tra agricoltura e turismo. Tutto questo avviene in una triangolazione tra noi, l’amministrazione comunale (che rappresenta ovviamente la comunità) e il parco nazionale, con il coinvolgimento della cittadinanza e degli operatori turistici, ma anche di tanti gruppi di giovani, un gruppo di donne e diverse associazioni. Noi quindi ci occupiamo di turismo e agricoltura, mentre il comune fa la sua parte per quanto riguarda l’urbanistica, l’arredo urbano e in generale il rendere più bello il paese, perché era un paese inizialmente molto degradato. Abbiamo realizzato una struttura fisica che si chiama UrbanLab: al suo interno abbiamo creato 12 postazioni di coworking per i giovani, un centro di associazione delle donne, centro di aggregazione giovanile, un bar, un infopoint turistico, la Serra  e un laboratorio per l’analisi chimica del terreno per gli di agricoltori… una vera e propria struttura polifunzionale che sarà gestita dai giovani in accordo col Comune.

Per quanto riguarda un esempio italiano, l’associazione sta lavorando nel comune di Cascia in Umbria, in particolare nella frazione di Roccaporena. Si tratta di una comune che ha una storia turistica legata principalmente al turismo religioso-devozionale legato alla figura di Santa Rita e al turismo sportivo, soprattutto per i ritiri estivi delle squadre sportive. Anche in questo caso stiamo lavorando assieme a comune, pro-loco, operatori turistici e comunità ecclesiastica (che ha grandi strutture e una storia importante di educazione e di assistenza sociale) per un ridisegno dell’attività turistica e per trovare delle forme di turismo aggiuntive. In questo momento a Cascia, come tutte i comuni italiani, soffre tantissimo il lockdown dato che sono cessati totalmente i flussi di pellegrini e i flussi delle gite parrocchiali. É un momento molto difficile ma come associazione siamo al fianco degli operatori turistici per trovare assieme a loro percorsi di uscita da questa crisi, puntando a quelle forme di turismo che sono più facilmente compatibili con le nuove norme di distanziamento. Tra queste ci sono tutte le forme di turismo all’aperto,  forme di turismo legate alla natura, ai parchi, ai boschi alle montagne; i cammini della fede e della natura che attraversano tutta l’Umbria; il trekking e l’utilizzo delle ferrovie dismesse; Il cavallo. La ricchezza della Val Nerina è straordinaria anche per i prodotti agroalimentari, quindi stiamo valorizzando in pieno accordo con la comunità locale tutta la produzione, le attività e la storia spirituale della valle con delle prospettive di incremento dell’offerta. In questo modo vogliamo rivolgerci anche a persone che non sono mai stati in quella terra è che invece merita di essere conosciuta e apprezzata.

Sono veramente due bellissimi esempi e speriamo che entrambi possano proseguire al meglio. So che la vostra associazione sta organizzando molti tavoli di discussione per rispondere e supportare le diverse realtà in questo momento di lockdown. Secondo voi come cambierà il turismo dopo questa emergenza sanitaria?

Purtroppo non abbiamo doti profetiche, però stiamo effettivamente riflettendo molto su quanto sta accadendo. Una cosa l’ho già detta: avranno facilità di ripresa soprattutto quelle forme di turismo in cui è più facile applicare le normative sul distanziamento e sulla prudenza nei rapporti di vicinanza. Immaginiamo quindi che certe forme di turismo di massa, che prevedono assembramenti e affollamenti dei territori, avranno difficoltà a riprendersi. Noi proponiamo forme di turismo molto legate alla natura, dove è più facile adottare queste norme. Ma non c’è solo questo aspetto. Noi auspichiamo che questa vicenda così drammatica per l’Italia (e non solo) favorisca anche una riflessione sul turismo e su queste forme di massificazione e di mercificazione che lo hanno anche danneggiato dal punto di vista qualitativo. Le crisi sono occasione di riflessione, e noi stiamo cercando di dare un contributo in questa direzione nelle sedi in cui veniamo chiamati a esprimere delle opinioni. L’AITR non è un’associazione di categoria, per cui non abbiamo fra le nostre missioni la tutela dei nostri associati come invece altre associazioni (che appunto raggruppano albergatori, agenti di viaggio o operatori della balneazione ecc). Mentre quelle associazioni affrontano legittimamente i temi soprattutto sul piano economico (e quindi sono concentrati su aspetti come gli investimenti a fondo perduto, la cassa integrazione, il credito ecc. ), noi invece ci stiamo concentrando su altri aspetti più di contenuto del turismo, sui temi della sostenibilità e dell’accessibilità. Temi che rischiano di essere messi da parte ma che sono molto attuali e importanti, e che fanno riferimento agli obiettivi dell’agenda 20-30 delle Nazioni Unite – un paradigma di riferimento per tutte le attività economiche e sociali nel mondo. Siamo quindi più posizionati su queste tematiche, senza trascurare ovviamente anche la tutela dei nostri associati.

Ci preoccupano alcuni aspetti, perchè in questa emergenza ricopre un ruolo molto importante l’aspetto della socialità. Per noi è essenziale il rapporto amichevole conviviale fra la comunità locale e i suoi ospiti e abbiamo il timore che da adesso in poi i rapporti rischino di diventare un pochino più freddi: qui non solo non ci si può più abbracciare, non ci si può neanche dare la mano! Si creano delle distanze in un clima un pò di diffidenza reciproca nel timore che l’interlocutore possa essere portatore sano di contagio. Questo influenzerà e sta influenzando le relazioni umane anche nel turismo.

Un esempio è il progetto in Bolivia con delle comunità aldine che si trovano lungo il cammino degli Inca, dove stavamo costruendo delle forme di turismo comunitario a 3000 m la lungo il cammino degli Inca che avrebbero dovuto ospitare, e già avevano incominciato ad ospitare, sia boliviani sia stranieri per offrire loro un’esperienza straordinaria su queste montagne lungo di percorsi storici degli Inca con delle bellezze naturalistiche strepitose. Queste comunità avevano messo in piedi delle forme di turismo comunitario, ma ora con questa situazione si sono rinchiuse in sé stesse: non vogliono forestieri stranieri che visitano il loro territorio, e nello stesso tempo quelli che erano interessati non ci vanno perché conoscono le condizioni igienico-sanitarie molto precarie di questi villaggi. Come vedete la domanda e l’offerta si respingono reciprocamente. Si tratta di trovare il modo per per salvaguardare questo patrimonio di relazioni. Noi infatti non parliamo mai di “distanziamento sociale” noi parliamo “di stanziamento fisico e vicinanza sociali”: riteniamo che siano compatibili una vicinanza ancorché virtuale o spirituale pur nel quadro di una distanza fisica. L’altra preoccupazione è che da questa crisi una parte consistente della popolazione uscirà impoverita. C’è una parte di popolazione che non risentirà di danni economici (mi riferisco in particolare ai dipendenti pubblici, ai pensionati e a una parte dei dipendenti delle imprese private che non hanno mai cessato di lavorare) mentre un’altra parte (imprenditori, dipendenti di imprese private, liberi professionisti e lavoratori stagionali) rischiano invece di uscire molto male da questa emergenza. Potrebbero quindi esserci dei problemi di impoverimento di una parte consistente della società e quindi c’è il rischio che si crei una discriminazione di censo nella fruizione turistica. Anche questo è un problema molto serio che ci ributta indietro di decenni! Il governo sta varando l’iniziativa dei buoni vacanza che in qualche maniera può compensare questo impoverimento ma bisogna vedere se questa misura durerà solo per quest’anno.

Quest’anno il turismo degli italiani sarà tutto in Italia e non sarà facile viaggiare all’estero: oltre alle restrizioni di frontiere, ci saranno anche dei timori da parte della popolazione. Il viaggio diventa meno gradevole, ci saranno più controlli, le mascherine, i guanti, i gel, le igienizzazioni, nonchè il controllo della temperatura corporea… tutta una serie di divieti e di obblighi, sia nel viaggio in treno che in aereo, per non parlare dei viaggi in pullman che saranno probabilmente i più colpiti. Ecco quindi che il viaggio diventa fonte di preoccupazioni. Immaginiamo una persona che deve imbarcarsi in aereo e se non si sente tanto bene o ha un pò di raffreddore ha il terrore di vedersi negato l’imbarco. Si creeranno quindi delle ansietà.

Il fatto di fare le vacanze in Italia per molti italiani è normale, l’hanno sempre fatto e continueranno a farli anche se in condizioni diverse (si pensi alle spiagge), ma per quelli che volevano viaggiare all’estero e rimangono in Italia bisogna fare in modo che non sia vissuto come un ripiego. Bisogna che troviamo dei modi attraenti di presentare la vacanza e i suoi contenuti, in modo che davvero sia una scoperta! Una scoperta del nostro paese grazie a elementi di interesse e curiosità, con degli stimoli a compiere esperienze in modo che non ci sia questo rimpianto per il mancato viaggio all’estero, che si farà un’altra volta.

L’altro problema che è i soggiorni in strutture sobrie rischiano di trovare delle difficoltà. Mi riferisco in particolare a certe tipologie di ricettività basate sulle camerate o con bagni in comune. Tutto questo creerà preoccupazioni per gli ospiti, perché chi è disposto a condividere la stanza dove dorme? Si pensi ai rifugi Alpini, che sono abituati a mettere a disposizione gli spazi dove dormono più persone e quasi non esistono le camere con bagno. Immaginiamo con che ansietà si utilizzerà il bagno utilizzato da altri. La preoccupazione riguarda quindi anche l’offerta “specialistica” come i rifugi oppure strutture ricettive molto sobrie (alberghi a una stella, case per ferie oppure ostelli) che corrono forti rischi di non essere più frequentate.

Sicuramente noi del turismo dovremo risolvere tematiche e problematiche che mai avremmo immaginato di dover affrontare; temi che vanno anche ben oltre la conoscenza del turismo, ma che si articolano su altre disciplina come la psicologia, la sociologia e la medicina. Dovremo affrontare il problema in modo diciamo interdisciplinare, perché da soli rischiamo di non farcela e potrebbe essere un compito che va al di sopra delle nostre forze.

Grazie Maurizio Davolio per la disponibilità… al prossimo podcast!

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